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Recensione

Al di là dei prevedibili incassi stellari (ancorché estivi), per l’impressionante lavoro in CG dell’esperto (dopo Il libro della giungla) Favreau che segue e precede altre rivisitazioni di classici disneyani la domanda resta la stessa (forse formulata in tono più alto): era davvero necessario? Gli animali in campo, malgrado parlino e cantino (i noti motivi di Hans Zimmer sono mutuati dal relativamente sopravvalutato lungometraggio animato del 1994) mantengono un aspetto naturale, praticamente privo di espressioni antropomorfe, ed è di per sé una buona trovata; per il resto, visto che c’è ancora il leoncino Simba destinato a succedere all’augusto padre Mufasa nel saggio controllo del territorio selvatico, ingannato e tradito per ben due volte dal perfido, invidioso zio Scar ed esiliato (e accolto dagli spensierati Pumbaa e Timon, un facocero e un suricato) per poi ripristinare, da adulto, l’ordine e la pace, non si registrano sostanziali cambi, se non – in linea con i tempi – un maggiore peso conferito ai personaggi femminili. 

Per stessa ammissione del regista, non c’è che una ripresa scevra da ritocchi digitali: l’alba africana – peraltro proposta a velocità accelerata – che apre il film, sicché riclassificare questo remake nella categoria dell’animazione non è certo un errore. Il forte valore educativo del plot – non privo di passaggi duri, come sanno i fans della vecchia versione – permane, persino spicca nel certosino aggiornamento tecnologico. Ecco, dando per scontata un’innegabile carica emotiva (e gli introiti garantiti), l’idea portante – abbastanza dichiarata – è di rinvigorire i nobili contenuti per le nuove generazioni. Giustificazione sufficiente? Dipende da quanto tale calco reggerà nei decenni (non è escluso che possa spodestare il “sovrano” precedente). Per il momento è più proficuo concentrarsi su qualche caratteristica autonoma del prodotto in esame. Per esempio, la capacità di citare (c’è il gustoso accenno di un brano de La bella e la bestia) e autocitarsi, vedi lo scambio in cui Pumbaa si sorprende di non esser interrotto da Timon. A proposito, i due personaggi sono egregiamente doppiati in italiano da Stefano Fresi ed Edoardo Leo, mentre il protagonista cresciuto sfoggia il timbro di Marco Mengoni e Nala, sua compagna, quello di Elisa; analogamente all’originale (dove i ruoli sono di Donald Glover e Beyoncé), niente sostituzioni per il canto dunque, benché da noi la seconda si distingua in toto. Proprio le voci costituiscono l’ulteriore asso nella manica dell’operazione. Scar è Massimo Popolizio (al posto di Chiwetel Ejiofor); da notare che in inglese Mufasa rimane James Earl Jones. 

Max Marmotta