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Recensione

Dopo averla scritta sviluppando uno dei suoi sardonici monologhi teatrali, era anche pronto a dirigerla, Mattia Torre, questa amara commedia su una coppia – lui lavora in una panetteria, lei è ispettrice sanitaria – che mette al mondo il secondo figlio e non riesce a riequilibrare i ritmi quotidiani; ed escludendo la televisiva e ancor più autobiografica serie La linea verticale, sarebbe stato pure il suo esordio cinematografico “in solitaria” (Boris – Il film e Ogni maledetto Natale li firmò con i soci Ciarrapico e Vendruscolo).

La sua prematura scomparsa a luglio (che ingrossa la vena di tristezza già suggerita da una trama che si sofferma su persone qualsiasi per parlare dello stato in cui versa l’Italia) ha comportato l’avvicendamento del suo assistente abituale Giuseppe Bonito, che evidentemente mantiene lo spirito caustico dell’autore (riconoscibile anche dalla fulminea presenza di vari attori della sua “scuderia).

Le voci off degli stressati, quasi allucinati protagonisti Mastandrea e Cortellesi (per la prima volta insieme) descrivono l’impossibilità di conciliare tutti gli impegni, la mancata collaborazione dei genitori, l’avvilimento progressivo, le considerazioni ciniche e le fantasie macabre, sotto gli occhi dell’innocente primogenita.

Non mancano trovate geniali (il pianto beethoveniano, la tuta da supereroe), alcune scialacquate dall’efficace macchina promozionale (trailers, promo, ospitate, ecc.). .

Max Marmotta