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Recensione

La ricostruzione delle eroiche (ma quando si parla di conflitti armati tutto è relativo) gesta di uno squadrone volante, denominato Lafayette, realmente esistito (e mostrato nell’ultima immagine), uno dei primi, composto prevalentemente da ragazzi americani (volontari!) addestrati a combattere in Francia nel corso della Grande Guerra.

C’è chi lo fa per necessità, chi per impalpabile obbligo, chi per sfuggire a un destino di pseudo-schiavitù, chi per senso di rivalsa nei confronti della famiglia, chi riesce a mantenere malgrado la situazione circostante un profondo senso religioso.

Ciascuno, tra un litigio e l’altro, diventa un asso sul proprio biplano (per quanto non sia sempre semplice sparare), apprende – poiché così dovrebbe essere – a rispettare il nemico (i tedeschi sui loro temibili triplani) e a proteggere i compagni; il personaggio principale, Rawlings (un efficiente James Franco), riesce perfino ad innamorarsi di una bella “indigena”, sebbene fra loro ci siano molte difficoltà di comunicazione (aspetto piuttosto logico in un’epoca in cui si studiava poco, ma che perde inspiegabilmente consistenza e veridicità man mano che la trama incede).

Il côté romantico, soprattutto e stranamente, e quello cameratesco risultano i più curati. Il regista Tony Bill (Dentro la Grande Mela, Qualcuno da amare e tanta tv) ha dalla sua la realizzazione di scene spettacolari (finora inedite nella sua filmografia), ma la butta un po’ troppo in gloria.

D’altro canto, se vuole essere un omaggio al cinema bellico della migliore tradizione, quello in cui bandiere e ideologie sono sopraffatte dal mestiere dell’autore (pensiamo a Fuller o a Milestone), forse è inutile andare per il sottile.

Anche perché il sacrificio di vite umane è la prova più lampante della bestialità della guerra.

Max Marmotta