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Recensione

Il libro di Nathaniel Philbrick In the Heart of the Sea: The Tragedy of the Whaleship Essex si propone di ricostruire la disastrosa spedizione, iniziata nel 1820, della Essex, appunto.

Nel periodo in cui all’industria faceva gola l’olio brutalmente estratto dalle balene (di lì a poco sarebbero sorti i primi giacimenti petroliferi), una di loro, bianca, speronò l’imbarcazione adibita alla sua cattura, uccidendo o facendo naufragare i suoi occupanti; pare che l’americano Herman Melville, autore dell’immortale e simbolico romanzo Moby Dick, fosse riuscito a incontrare uno dei superstiti per farsene raccontare la storia e trarre così la giusta ispirazione per il suo lavoro.

Una riscoperta del cinema d’avventura con un’attendibile base storica, dunque, quella che tenta stavolta il – quasi sempre – sapiente Ron Howard, per l’occasione ricongiuntosi al Chris Hemsworth di Rush.

È l’insoddisfatto primo ufficiale (di umili natali) della baleniera in questione, contrapposto al meno incisivo eppur calzante Benjamin Walker del pastiche La leggenda del cacciatore di vampiri, qui nei panni del capitano inesperto ma di nobile estrazione.

Il rapporto stridente che s’instaura subito tra i due prelude a una cooperazione necessaria, e non è la sola sottotraccia sociale messa a segno dallo spettacolare film (il cui titolo – inessenziale curiosità – appare ben 4 volte nei credits).

C’è spazio persino per una sommessa riflessione ecologica. .

Max Marmotta