Video & Photo

1 videos

Recensione

Se si esclude un relativamente stonato sconfinamento metacinematografico (preannunciato pure – non si nota – dalla battuta: “Stiamo improvvisando?”), il più recente lavoro di Jim Jarmusch sfoggia vari livelli contenutistici. Non è tanto questione di citazioni: a parte quella, programmatica e già politica, degli zombi di Romero mossi dall’impeto al consumismo (concetto qui saporitamente portato all’esasperazione), sovvengono Kubrick (Larry Fessenden ricorda vagamente il Nicholson di Shining, idea rafforzata dal fatto che il suo personaggio, proprietario di motel, si chiami Danny – come il figlio del protagonista di quel film – Perkins, cognome del divo che fu Bates per Hitchcock in Psyco, apertamente citato), Coen (per la dimensione provinciale sullo sfondo e per la presenza di Steve Buscemi, che con Jim non girava da parecchio), Craven (il nerd Caleb Landry Jones conosce le regole dell’horror e si rifà a esse), i disaster movies (i defunti escono dalle tombe della cittadina non a caso denominata Centerville a causa del trascurato disallineamento dei poli terrestri), Jarmusch stesso (due dei ragazzi in vacanza si chiamano Jack e Zack, ovvero i caratteri principali di Daunbailò). Si tratta piuttosto dell’urgenza di aggiornare – con un’ironia che non fuorvii – un discorso, anzi un’accusa alla persistente, probabilmente volontaria distrazione dei governi nei riguardi dei fenomeni naturali e, prima ancora, di meccanismi sociali deteriorati, a volte addirittura per ottusa convenzione (vedi il rapporto comunque amichevole tra il fattore razzista Frank e il pacioso nero Hank, che ha il volto di Glover). 

Un elettorato di “morti” (che di conseguenza non soffrono e non si accorgono di nulla, nemmeno di perire di nuovo) dal quale perfino i più coriacei alla fine non possono che venire “contagiati” (le conseguenze travolgono anche loro); l’immunità spetta a chi non sta dentro il sistema (per esempio l’homeless ringhiante di Tom Waits), alle creature d’origine misteriosa (l’impresaria di pompe funebri di Tilda Swinton), magari ai giovanissimi (ma non per forza ai giovani, se si pensa al gruppetto guidato da Selena Gomez). Moltissimi ruoli (resi perlopiù da attori che con il cineasta hanno già collaborato) subordinati ai due agenti di polizia locale incarnati, in una gara di spontanea flemma, dagli irresistibili Bill Murray (già alle prese con l’argomento nell’autoironico cameo di Benvenuti a Zombieland) e Adam Driver, che attraverso la loro indagine sulle efferate aggressioni iniziali (il côté horror è autentico) conducono la trama. Qualcuno si perde per strada, però il senso (dell’operazione) è salvo. Cioè… vivo!

Max Marmotta