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Recensione

Quando una pellicola dimostra genuinamente l’assunto che sfoggia nel titolo, ha già conseguito gran parte dei suoi obbiettivi.

Infatti, in questa si dà per scontata la normale quotidianità dei figli adolescenti di una coppia lesbica regolarmente sposata (formata dalle bravissime Annette Bening – meritatamente candidata all’Oscar come il film, lo script e il non protagonista Ruffalo – e Julianne Moore), i quali però un giorno desiderano soddisfare la curiosità di conoscere, senza dirlo alle mamme, il loro padre biologico, Paul, un piacente ristoratore attento ai prodotti naturali.

Da parte dei fratellini scatta un’incostante simpatia; l’uomo, abituato a una certa libertà sentimentale, dal canto suo scopre un insospettabile istinto paterno, che tuttavia, anche per mancanza di esperienza, mal si concilia con il ménage della famigliola, nel frattempo informata al vertice dell’ingresso di quest’insolito neo-componente: la burbera Nic, un medico, si mostra subito ostile a colui che considera un intruso, mentre la più tenera Jules, tanti mestieri alle spalle e ora dedita a una sorta di giardinaggio, impara a conoscere meglio il “marito virtuale” durante un lavoro da lui commissionatole.

Fino a un fatale imprevisto. È una “commedia seria”, molto ben scritta dalla regista Lisa Cholodenko (Laurel Canyon), attenta alle sfumature dei personaggi centrali, ma non solo (vedi l’attraente Tanya di Yaya DaCosta).

Soprattutto, mette l’accento su un concetto universale: il titolo di genitore non si acquisisce di punto in bianco e appartiene di diritto a chi la prole la cresce (con amore, s’intende).

Joni e Laser, i ragazzi, hanno i volti di Mia Wasikowska (Alice in Wonderland) e Josh Hutcherson (Viaggio al centro della Terra, Aiuto vampiro); l’imbarazzante amica Sasha è invece Zosia Mamet, figlia di David e di Lindsay Crouse.

Max Marmotta