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Trama

Nel 1967 la Guerra dei Sei Giorni, che ebbe origine da un attacco sferrato da Israele contro alcune nazioni vicine, condizionò la storia.

Ed anche gli individui, come è riscontrabile in una piccola comunità italiana insediata ad Alessandria d’Egitto, uno dei Paesi coinvolti (con la Siria e la Giordania).

Ventidue anni dopo, mentre i cugini di secondo grado Andrea e Bruno, che da anni fa l’avvocato a Berlino, ritornano, come molti altri parenti (che provengono persino dall’Australia), nella città africana per la morte della loro congiunta Matilde, vedova di un inglese, si ripercorrono alcune vicende passate della famiglia, che coinvolsero anche Anna, sorella della defunta, e suo marito Ben, pragmatico ebreo francese, nonché il fratello di quest’ultimo, Max, che tutti prendevano per svanito poiché asseriva di avere delle premonizioni grazie al buma, una specie di gufo locale.

Recensione

Giovanni Massa, direttore del C.L.C.T. di Palermo, debutta nel lungometraggio evocando atmosfere raffinate e poliglotte (nel film, girato per la maggior parte –in interni– nel capoluogo siciliano, oltre che in italiano, si ascoltano dialoghi in inglese, francese e arabo), in un intreccio non banale che sottende alle meschinità umane (l’eredità della carismatica e diffidente Matilde, una rediviva Adriana Asti, fa gola a tutti), evita le vie più facili (la rappresentazione dell’incidente d’auto), bisbiglia i paradossi delle civiltà (la ricostruzione della dinamica da parte dei poliziotti); perciò, è un peccato che il film, nel complesso, risulti un poco fatuo.

Pregevole la frammentazione in flashback, funzionale il cast composito (con Jacques Boudet, della “famiglia” Guédiguian, il giovane Rinaldo Rocco di Un delitto impossibile e il sornione Franco Scaldati di Briganti di Zabùt), gradevole l’omaggio a L’armata Brancaleone, che introduce il lato negativo di una polivalenza culturale (nella quale tutti capiscono e parlano le altre lingue) commutabile in crisi d’identità; ma senza adeguata cadenza, la pellicola indugia troppo e non è sempre semplice mandarla giù.

Max Marmotta