
Il paradiso probabilmente
- Elia Suleiman
- Elia Suleiman, Gael García Bernal, Kwasi Songui, Nancy Grant, Stephen McHattie, Vincent Maraval
- Commedia, Da Riscoprire
- Canada, Francia, Germania, Qatar, Territori palestinesi, Turchia
- 16 January 2020
- English, French, Arabic, Spanish, Hebrew, Japanese
Recensione
Autore, dal 1996, di altri tre lungometraggi (il da noi inedito in sala Cronaca di una sparizione, Intervento divino, Il tempo che ci rimane) e di un episodio del collettivo 7 Days in Havana (Diary of a Beginner, corrispondente al “giovedì”), il nazareno Suleiman è uno dei maggiori cineasti contemporanei.
Accostato, per il mutismo del suo personaggio, a Buster Keaton e a Jacques Tati per le gags surreali (ma si potrebbero citare anche il ritmo lunare di Otar Iosseliani, l’apparente immobilismo di Aki Kaurismäki, il gusto per l’assurdo di Roy Andersson, lo spirito d’osservazione di Sólveig Anspach e perfino, occasionalmente, delle geometrie alla Wes Anderson), il regista prosegue un malinconico ma tenace percorso legato a doppio filo con un’identità da rivendicare con orgoglio (“Sono palestinese” sono le uniche parole che pronuncia), tuttavia percepita spesso in maniera distorta dalle figure (immaginarie o ispirate alla realtà?) con cui interagisce.
Così, dopo un’ulteriore occhiata amaramente ironica alla sua terra (con tanto di rito religioso esacerbato), seguiamo il regista nel suo viaggio a Parigi e New York, in cerca di finanziamenti per un nuovo film (quello che stiamo già guardando?), tra leggiadre azioni di polizia, posti a sedere per turisti spietatamente occupati e un insistente uccellino per il quale non c’è spazio.
Spiritoso cameo di García Bernal. Naturalmente il doppiaggio dei cambi di idioma se ne frega.
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