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Recensione

Dalla trama poteva benissimo essere un film melodrammatico questo lavoro di Wes Anderson, gusto impareggiabile per la costruzione delle inquadrature e i colori (l’aveva già dimostrato ne I Tenenbaum) e straordinario talento per l’ironia sottilissima (se ne guardi bene il cercatore di risate crasse) e per la direzione d’attori.

E invece è di nuovo una commedia grottesco-surreale, con ambizioni se possibile più alte dell’ormai noto precedente: omaggiare e prendere bonariamente in giro il mitico Jacques-Yves Cousteau, forse il più importante documentarista marino vissuto nel secolo scorso (con taglienti riferimenti alla ricerca di verità leggermente pilotata della Leni Riefenstahl degli ultimi anni, vedi caso subacquea anche lei), attraverso un personaggio malinconicamente pieno di sé, l’oceanografo Steve Zissou (un Bill Murray ormai in simbiosi con il regista).

Quest’ultimo attrezza la sua collaudata nave, la Belafonte, e prepara il suo numeroso equipaggio, in cui spicca il fedele Klaus (Willem Dafoe in versione leggera), per andare a caccia dello “squalo giaguaro” (così lo definisce) che ha divorato il suo amico e collaboratore di lungo corso Esteban (un cameo di Seymour Cassel).

Al gruppo, inizialmente finanziato, come d’abitudine, dalla moglie di Zissou, Eleanor (Anjelica Huston), si uniscono la giornalista incinta Jane (Cate Blanchett) e il presunto figlio di Steve, Ned (Owen Wilson), nonché il discreto burocrate Bill, inviato dalla banca quando la situazione economica si complica.

Saccheggi, competizioni interne ed esterne (con il rivale in lavoro e in amore Alistair Hennessey, alias Jeff Goldblum), potenziali ammutinamenti, tentativi di seduzione, ripensamenti sul proprio io caratterizzano la movimentata spedizione, nella quale trova posto perfino la parodia delle pellicole d’azione.

Un piatto di mare ricchissimo e raffinato, cucinato prevalentemente in Italia –gli esterni sono stati girati, tanto per citare qualche località, a Sabaudia, Ponza e Ventotene– e condito da un’originalità che merita (più) attenzione.

Max Marmotta