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Recensione

Ci sono un romanzo e una graphic novel a braccetto della nuova fatica di Gabriele Salvatores, composta di non disprezzabili effetti speciali e di uno spirito avventuroso non dissimile da quello dell’odierno cinema per adolescenti, rivisto però in un’ottica “nazionale”.

Ed è proprio l’elemento di maggior rilevanza in un’operazione ambiziosa (la sfacciata aspirazione a un sequel la dice lunga in tal senso): la possibilità di creare con stile coerente e personalizzato storie fantastiche di ampio respiro, ambientate in Italia, anziché in metropoli statunitensi reali o immaginate.

Al di là delle esigenze da Film Commission, Trieste fa dunque da suggestivo sfondo alle vicissitudini di Michele (l’aderente Ludovico Girardello), orfano di padre poliziotto – lo stesso mestiere che fa la madre (Valeria Golino) – il quale “invisibile”, sul piano sociale, lo è già, sia per gli insegnanti che per i compagni prepotenti e per la graziosa coetanea Stella (Noa Zatta).

Tuttavia, lo diventa pure fisicamente, e la ragione è da ricercarsi nei suoi veri natali. Azioni e reazioni non risultano costantemente consequenziali o logiche, ed è in fondo un connotato abbastanza tipico dei cinefumetti; probabilmente, più che corrugarsi per i punti deboli, conviene applaudire il coraggio di una pellicola abbastanza insolita dalle nostre parti (inutile tentare paragoni con Diabolik di Bava o con gli adattamenti da Sclavi: erano altri tempi).

Non è detto che non sia un sentiero battibile nel prossimo futuro. Con opportuna oculatezza, ovviamente.

Max Marmotta