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Trama

Buenos Aires, 1976. La cronista Cecilia Rueda addita energicamente il fenomeno dei desaparecidos attraverso le colonne del suo giornale.

Tanta risolutezza le attira l’odio del regime, che la fa sequestrare e diventare una delle migliaia di vittime del fascismo imperante nel suo Paese.

Il marito, il regista teatrale Carlos Rueda, che da tempo collabora con gli amici Silvio e Eurydice, cerca di capire dove è detenuta e scopre casualmente di possedere doti paranormali: entrando in contatto con i parenti degli scomparsi, riesce a vedere il passato e il futuro, spesso tragico, di questi ultimi.

Purtroppo tali doti, esternate attraverso riunioni con i cari dei rapiti nel cortile di casa sua, non sono sufficienti a ritrovare Cecilia, neanche con l’aiuto di Teresa, loro figlia.

Finché una nuova visione non conduce Carlos più lontano.

Recensione

Clamoroso tonfo al festival di Venezia 2003 (dove era in concorso!), il nuovo film del commediografo-sceneggiatore Christopher Hampton (L’agente segreto, mai uscito nelle sale italiane) si rivela una figuraccia per lui, per la sua amica Emma Thompson (già protagonista del suo esordio, Carrington) e per lo sperduto Banderas (che canta “María María” sui titoli di coda).

Il soggetto, di per sé non tremendo, andava trattato con maggiore polso e soprattutto rispetto per un dramma bruciante come quello dei desaparecidos, come insegnano il dolorosamente coinvolto Marco Bechis e le sue opere Garage Olimpo e Figli.

In effetti il lungometraggio, basato su un romanzo e non su una storia vera (come annuncia il manifesto; mica basta lo sfondo storico!), strutturalmente popolato di flashback e recitato in inglese, sarebbe riuscito meglio (e risultato magari meno offensivo) se fosse stato ambientato in una nazione immaginaria ma inequivocabilmente riconoscibile e se avesse gestito con oculatezza le metafore (gli artisti sono i primi bersagli della repressione, si può immaginare un altro mondo…).

In questo modo la pellicola, malgrado i nobili intenti, con i suoi musi da canaglia o le doppie facce da spia, i dialoghi d’appendice e persino gli orrori di doppiaggio (“contraddiamo” rappresenterebbe la coniugazione di “contraddire”…), a che serve? Un chiaroveggente contro le prepotenze degli aguzzini (perché non Superman?) assomiglia di più a uno scherzo che a una denuncia.

Max Marmotta