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Recensione

Tratto dall’autobiografia di John Grogan, giornalista di successo, il nuovo film del regista de Il diavolo veste Prada ha una pecca, di quelle pericolose (per i bambini in particolare): il cambio di registro, graduale ma risoluto, dal riso alla commozione.

Non è grave, anzi è una scelta abbastanza coraggiosa. Però, a parte una dilatazione forse infingardamente eccessiva del finale, la pellicola è condotta con sufficiente intelligenza.

Al centro dell’attenzione Marley, vivace cucciolo di labrador adottato dai neosposi John (Wilson, riscattatosi da un periodo depressivo e professionalmente meno brillante) e Jenny (una Aniston a cui la maturità dona), non decisi ad avere figli.

La bestiola è incontenibilmente disastrosa, strattona i padroni, non ubbidisce ai più semplici comandi anche quando diventa un ingombrante cagnone.

Nel frattempo la coppia procrea, tra rinunce al lavoro (pure lei fa la cronista) e avanzamenti di carriera, sottili invidie sociali e incomprensioni domestiche.

Gli elementi migliori sono la partecipazione, in un’unica scena in veste di addestratrice, di un’irrobustita Turner (con lei gli anni sono stati invece inclementi, che non significa che non sarebbe auspicabile vederla più spesso) e soprattutto il solito sornione Arkin, sublime e rude direttore di quotidiano, ma in più c’è un aspetto solo apparentemente secondario: in mezzo a tanta a volte inessenziale melassa propagata dal cinema per l’infanzia, Marley va in controtendenza, non è un quadrupede furbacchione umanizzato per intenerire la platea, è un cane-cane che segue i propri istinti (non solo quelli dalle conseguenze catastrofiche, per fortuna sa essere vigile e affettuoso), non suscita incondizionata benevolenza eppure ha un ruolo fondamentale all’interno della famiglia, e ne muterà inconsapevolmente la storia, persino futura.

Basta questo.

Max Marmotta