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Recensione

Prende le mosse dall’efferata strage di Castel Volturno (nel 2008) Guido Lombardi, per un esordio nel lungometraggio che ha fatto discutere ed è addirittura entrato (pur non essendo “blasonato”) nella rosa dei dieci candidati a rappresentare l’Italia per l’Oscar al Miglior Film Straniero.

Una vicenda di finzione radicata nella realtà, dunque, che manifesta tutta l’asprezza di un documentario arrabbiato, un’opera che esplora una piaga tremenda – gli immigrati africani che giungono numerosi nel paese campano hanno solo due possibilità, lo sfruttamento o la malavita, la quale porta poi a sanguinosi scontri con le bande locali – e ne esce “contaminata”, inducendo lo spettatore ad abbandonare ogni indifferenza nei confronti di un problema così pulsante.

Il percorso di Yussouf (Kader Alassane), giunto alla “corte” dello zio con prospettive diverse, è lapalissiano e agghiacciante, una progressione nemmeno tanto lenta fra le spire del contrabbando di droga.

Più soldi e più rischi: per chi, ancora giovane, proviene da una condizione di indigenza assoluta non c’è da starci a pensare.

Naturalmente c’è spazio per le figure di contorno, per un’umanità provata, per la dignità. E, finalmente, per le lingue originali.

Max Marmotta