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Trama

Seccata per il trasloco in corso, la piccola Chihiro si ferma con i suoi genitori presso un misterioso edificio in mezzo alla campagna.

Incuriositi dal posto, i due adulti, nonostante la figlia non sia d’accordo, si addentrano con lei in un tunnel che conduce in una cittadina deserta, e qui cominciano ad ingozzarsi presso un banchetto incustodito.

Frattanto la bambina si guarda attorno; al calar della sera, suo padre e sua madre si trasformano in maiali e il villaggio si popola di creature fantasiose.

Spaventata, Chihiro viene da subito protetta dallo strano Haku, apparentemente un ragazzo, che la ribattezza Sen e le raccomanda di non dimenticare mai il suo vero nome se vuole tornare indietro.

Quindi la indirizza a Kamaji, anziano direttore delle caldaie (dove operano tanti pezzetti di fuliggine animati), che dopo un fermo rifiuto, le concede di lavorare.

Chihiro è aiutata anche dalla comprensiva Lin, e ben presto si trova faccia a faccia con la strega Yubaba, dittatrice del luogo.

Recensione

Osservate attentamente l’inizio: tempi narrativi e montaggio non hanno nulla da invidiare ad un film con attori in carne ed ossa.

Sarà per questo che il decano del cartoon giapponese Hayao Miyazaki (Heidi e Lupin III sono sue creature) è destinato a piacere perlopiù agli adulti, in particolare alla fascia dei trentenni, che è cresciuta con le sue invenzioni.

In qualche passo è riscontrabile il medesimo respiro epico di Princess Mononoke (e probabilmente di lavori precedenti che la distribuzione cinematografica ci ha negato, quali Porco Rosso e My Neighbor Totoro), ma non si perdono di vista le parentesi buffe (numerosi i personaggi disegnati all’uopo) e il forte e costante messaggio ecologista, comunque utile e stimolante per il pubblico infantile.

Si pensi soprattutto alla scena del gigantesco “cliente fangoso” della sauna o alla scoperta della vera identità di Haku; anche l’enorme bebè di Yubaba è una personificazione, rappresentando i figli viziati e accuditi con esagerata preoccupazione dai genitori.

Insomma, grandi suggestioni e inarrivabile e mai gratuito impiego della fantasia per un’opera che si è meritata l’Orso d’Oro (ex-æquo) al festival di Berlino 2002 e l’ultimo Oscar per il miglior lungometraggio animato, sbaragliando temuti (e americanissimi) concorrenti quali Spirit, L’era glaciale e i disneyani Il pianeta del tesoro e Lilo & Stitch.

Max Marmotta