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Trama

3500 anni fa. Il principe Paride, impegnato, col fratello Ettore, in una visita diplomatica presso Menelao, re di Sparta, si invaghisce della moglie di quest’ultimo, la bellissima Elena, e la convince a seguirlo a Troia, potente città governata dal padre Priamo.

La rabbia e il desiderio di vendetta di Menelao coinvolgono il fratello Agamennone, il quale, dopo avere assoggettato i popoli greci, sogna di estendere il controllo sull’intero Egeo.

All’esercito è però necessario l’apporto dei temibili Mirmidoni capeggiati dal valoroso guerriero Achille, in forte attrito con Agamennone, ma convinto a partecipare alla guerra dalle promesse di Ulisse.

Nel frattempo Elena viene accolta dai Troiani, ma soltanto Ettore, che ritrova la moglie Andromaca e la cugina Briseide, riesce ad immaginare le conseguenze.

Recensione

Cimentandosi nell’ardua impresa di adattare uno dei capolavori della letteratura mondiale, il mestierante Wolfgang Petersen sceglie la banale via della spettacolarità, involontariamente inaugurata da Peter Jackson, al quale premeva rispettare al contempo fonti e mezzo espressivo.

Troy ha invece tutte le caratteristiche del kolossal costruito a tavolino, che potrebbe perfettamente appartenere al genere fantasy, se non fosse per l’assenza degli dei nella trama.

La pellicola difatti ben poco conserva dell’opera di Omero e del suo linguaggio, preferendo mischiare –con abilità e diverse licenze– vari episodi recuperati dalla tradizione.

Un po’ come accadeva nelle produzioni americane degli anni ’50 sull’antichità, piene zeppe di errori storici.

Se tutto fa spettacolo, quindi, via libera a splendide e immaginarie scenografie, a uno score etnico, a una guerra di Troia che dura pochi mesi, la quale si apre con uno sbarco degno di Salvate il soldato Ryan, preludio ad altre notevoli sequenze di battaglia, anche di massa.

Ma questa professionale macchina da box-office s’inceppa davanti alle parentesi liriche e riflessive, sviluppate secondo cliché drammatici di facile consumo che svuotano definitivamente il soggetto.

E l’Achille di Brad Pitt è il personaggio che ne risente di più. Per quanto infatti il divo non debba faticare nel renderlo sexy o feroce, non risulta altrettanto credibile nel delinearne i conflitti personali.

Cosa che non avviene con Ettore (Eric Bana) o Briseide (Rose Byrne), decisamente più convincenti ed autentici.

Sax Marmotta