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Recensione

Autore di vari corti e documentari per la tv, Cianfrance si fece notare con la piccola love story “binaria” Blue Valentine, seguita dall’ambizioso e riuscito Come un tuono.

Questo nuovo lavoro da lui sceneggiato a partire da un romanzo di M.

L. Stedman sembra meno adatto alle sue corde, visto che sfoggia una confezione da mélo alquanto rigida.

Però un impianto così semplice, vibrante, peraltro esaltato dai paesaggi neozelandesi (ben illuminati da Adam Arkapaw), in fondo non chiedeva altro che esser recitato con controllata passione, aspetto garantito dai protagonisti Fassbender e Vikander, che poi sul set si sono innamorati per davvero.

Finita la Grande Guerra, un reduce provato dagli orrori a cui ha assistito accetta un impiego temporaneo come guardiano del faro situato su un’isoletta solitaria.

Non sa che l’incarico si prolungherà, né che sta per sposarsi con un’intraprendente ragazza del luogo.

Dopo un paio di sfortunate gravidanze, la coppia raccoglie su una barca alla deriva una neonata, stesa vicino al cadavere paterno (un tedesco ingiustamente odiato dalla comunità).

I coniugi l’adottano di nascosto, ma un giorno ne conosceranno la vera, affranta madre (Weisz, già al centro del conradiano Lo straniero che venne dal mare, d’analoga ambientazione costiera).

Dilemmi morali, scontri intestini, rimorsi tamponati e un’innocente che cresce sotto una minaccia invisibile.

L’ostentato equilibrio conduce a un opportuno finale. .

Max Marmotta