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Recensione

Attilio (Roberto Benigni) fa il poeta e anche il docente di poesia in un’università per stranieri a Roma.

Artista piuttosto conosciuto (ha da poco pubblicato la raccolta “La tigre e la neve”), vive perennemente nella sua dimensione letteraria, appena sfiorato dalle vicende del mondo, fatta eccezione per le due figlie gemelle avute dall’ex-moglie, con le quali trascorre molto del suo tempo.

Ogni notte sogna di sposare, con accompagnamento musicale di Tom Waits, la donna che ama. Ma costei, Vittoria (Nicoletta Braschi), non vuole saperne, tutt’altro che tentata da quel corteggiamento insistente e da quel carattere allegro che invece sciolgono il cuore di Nancy (Emilia Fox), collega inglese del poeta-professore.

Anche Vittoria si occupa di letteratura, ma da studiosa: sta infatti scrivendo la biografia di Fuad (Jean Reno), grande amico di Attilio e poeta iracheno di fama internazionale il quale, dopo aver abitato a Parigi per tantissimi anni, decide di tornare a Bagdad.

Quando scoppia il conflitto in Iraq, Vittoria si trova nella capitale con Fuad. Con questo nuovo eclettico protagonista, il cui nome è preso in prestito dal poeta Bertolucci, padre di Bernardo e Giuseppe, torna il Benigni nazionale, recuperando la ricetta che ha portato al successo La vita è bella: commedia con parentesi drammatiche.

Un’opera che va premiata soprattutto per le sue intenzioni: la necessità, dati i tempi che corrono, di un film ottimista e positivo, apparecchiato fortunatamente senza retorica o ideologia, il che, bisogna ammetterlo, è già qualcosa di incredibile.

E in tal senso vanno interpretate le due migliori sequenze della pellicola, la lezione del professore Attilio a Roma, per una platea multietnica, e il suo incontro con il posto di blocco americano a Bagdad, già preso di mira da parte della critica perché considerato troppo conciliante.

È anche vero però che le intenzioni da sole non bastano e che le lacune lasciate dal simpatico autore e dal suo cosceneggiatore Cerami sono notevoli.

In nome di un finale a doppia sorpresa, una per gli spettatori e l’altra per Vittoria (sulla falsariga di Chaplin), elementi importanti vengono infatti sacrificati o trascurati.

Innanzitutto la solita presenza della Braschi, ottima attrice ma del tutto inadatta al ruolo propinatogli dal suo innamorato consorte.

E poi il personaggio di Fuad, fondamentale per approfondire il confronto fra l’ottimismo e la rassegnazione nel contesto del martoriato Iraq, il quale viene liquidato così sbrigativamente da permetterci soltanto di notare che Jean Reno sa recitare in italiano e sottrarsi al carattere del duro.

Benigni rimane comunque un grandioso istrione, capace tuttora di regalarci gag originali e affinate, anche se la delusione più grande è rappresentata ancora una volta da una confezione che non regge il confronto con la concorrenza, soprattutto dal punto di vista tecnico.

Un regista notissimo anche oltreoceano dovrebbe e potrebbe puntare a un budget più alto, specie dopo aver dimostrato, con le sue travolgenti apparizioni promozionali in tv, di potere ammortizzare i costi della pubblicità.

Sax Marmotta