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Trama

Jacques Laurent, inattivo dal 1984, torna a dirigere film pornografici soprattutto per motivi economici.

Molto è cambiato dai tempi in cui era prolifico, ed è molto difficile imporre le proprie scelte. L’uomo sente vergogna, ma non per il suo lavoro: benché la seconda moglie Jeanne lo comprenda, gli rimorde il fatto che suo figlio Joseph, all’epoca, se ne andò di casa quando scoprì che mestiere faceva.

All’improvviso il ragazzo, partecipe di un movimento giovanile di ribellione, si rifà vivo.

Recensione

Non sono scelte facili quelle del trentatreenne Bonello, al secondo lungometraggio: prendere un’icona del cinema di qualità quale è Jean-Pierre Léaud (attore-feticcio di Truffaut), incastonarla in una storia calata nel mondo del porno (sempre più spesso associato all’essai), in cui un paio di scene hard sono interpretate da professionisti del settore, e parlare della disillusione sessantottina attraverso un amarissimo rapporto padre-figlio (quest’ultimo incarnato dal Jérémie Rénier de La promesse).

Il risultato è più profondo di quanto si possa pensare, adagiato tra i tanti silenzi che denotano l’insoddisfazione dei personaggi e, in secondo piano, lo squallore di un ambiente che non vuole essere abbellito né motivato.

All’occorrenza, anche i gesti e lo stile recitativo del protagonista sembrano fuori moda, ma egli, con orgoglio, consapevolezza e rispetto per se stesso, non si rassegna ad invecchiare o, peggio ancora, a considerarsi un perdente.

Un film coraggioso, dunque, con un solo difetto: qualche distrazione anagrafica.

Max Marmotta