Trama

Turi e Teresa sono due fratelli di Favignana. Il primo è destinato a seguire le orme del burbero padre pescatore di tonni, ma preferirebbe di gran lunga fare il marinaio; l’altra, più piccola e vivace, lavoricchia nel bar della piazza, aiuta l’anziana nonna, “importunata” dal bislacco coetaneo Santamaria, a prendere le medicine e desidera tanto veder nascere un vitellino.

Tra una capatina nella “grande” Trapani e un dialogo con un mesto meccanico detenuto, nelle loro vite arriva Margherita, trasferitasi da poco sull’isola.

Teresa è innervosita dal velato corteggiamento della nuova arrivata nei confronti di Turi, e per un po’ si accompagna all’amico di quest’ultimo, Leonardo.

Recensione

Mattanza, “rusasi” e sottotitoli in italiano là dove occorre per questo tutt’altro che prosaico, anzi timido debutto nel lungometraggio della trentenne palermitana Costanza Quatriglio, autrice già di un buon numero di cortometraggi fra cui Il giorno in cui ho ucciso il mio amico soldato e il documentaristico Il bambino Gioacchino, che per stile scarno e sguardo pudico sul mondo dell’infanzia anticipava già i contenuti presenti nell’opera in questione.

Proseguendo idealmente il discorso di Crialese in Respiro (ambientato a Lampedusa) e, volendo, del più disincantato Grimaldi di Iris (girato a Ustica), la Quatriglio, aiutata dalle soppesate musiche di Paolo Fresu, inserisce nella sua sceneggiatura i temi ormai tipici di questo “nuovo cinema isolano”, come la tendenza all’orgogliosa solitudine tipica degli abitanti (che diventa insopportabile per qualcuno e potrebbe tranquillamente essere estesa alla mentalità più genericamente siciliana) o l’amore familiare (in questo caso, fraterno); a parte, e non a sproposito, c’è il muro-simbolo che impedisce la visuale alla nonna (una bravissima Anna Ernandes).

Perfetta la scelta dei due protagonisti, Ignazio Ernandes e Veronica Guarrasi, però chi si staglia è ancora lui, l’ottimo Marcello Mazzarella (Placido Rizzotto), nel ruolo del padre.

Funzionale anche lo scrittore Erri De Luca, ovvero il meccanico in manette.

Max Marmotta