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Recensione

Per il suo secondo lungometraggio (dopo Little Accidents, da noi inedito), Sara Colangelo attinge a uno sconosciuto film israeliano, mantenendone il titolo internazionale (in Italia, invece, ne hanno scelto uno a caso).

La maestra d’asilo a cui si fa riferimento è Lisa, impersonata, con la necessaria sensibilità sconfinante nell’irresponsabilità, da Maggie Gyllenhaal, ingabbiata in una situazione familiare comune e insoddisfacente; un’appassionata di poesia senza vero talento, che frequenta con scarso profitto un corso sull’argomento, tenuto dal suadente Simon (Gael García Bernal), e cerca di educare al bello i suoi minuscoli allievi.

Un giorno uno di loro, il cinquenne Jimmy (Parker Sevak), improvvisa una composizione in versi forse difficile da credere, per proprietà di linguaggio, comprensione, capacità di accostamento, però, una volta assunto, è il traino del della vicendache lascia sbalordita la sua insegnante, comunque in grado di riconoscere le qualità artistiche o una possibile vocazione, inducendola a tallonare il bambino – non solo in aula – in maniera sempre meno discreta per coglierne gli imprevedibili, fuggevoli momenti di ispirazione.

E sfruttarli, persino. Una progressiva (e per fortuna non irreversibile) perdita di contatto con la realtà che crea tensione nella platea, ma non si rivela del tutto immotivata.

Un urlo interiore disperato contro l’inespugnabile indifferenza del mondo.

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Max Marmotta