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Recensione

Un melodramma da Julio Medem, provocatorio autore de Gli amanti del circolo polare, Lucía y el sexo, Chaotic Ana? E perché no? Anche in questo frangente il regista dimostra di non fare sconti, dedicando già la prima scena all’esame medico attraverso il quale Magda (una Cruz ai suoi apici interpretativi), avviata verso la separazione dal marito fedifrago Raúl (Álex Brendemühl), apprende dal ginecologo Julián (l’interessante Asier Etxeandía) di avere più di un nodulo al seno.

Prima di sottoporsi coraggiosamente alle cure, nello stesso infausto giorno conosce Arturo (Luis Tosar, eccezionalmente in un ruolo umanissimo), osservatore sportivo che su un campetto adocchia il talento di Dani (Teo Planell), figlio della donna, e riceve di lì a poco una devastante telefonata.

I loro destini si saldano; diventeranno amici pronti a sostenersi l’una con l’altro, e poi qualcosa in più.

Magari il ragazzino è dipinto in maniera troppo ingenua e la partecipazione del dottore non è sempre credibile, ma per il resto il film flirta con il genere lacrimevole solo per mostrare l’irriducibilità, la capacità di reagire pur soffrendo, di reinventarsi, di pensare al dopo.

Un’opera piena d’idee (per esempio, la parrucca che “fissa” la protagonista), da esaminare a partire dal titolo (che evoca una doppia maternità, o due fasi distinte della vita).

Insistito il personaggio semi-immaginario della piccola Natasha (Anna Jiménez); non è grave.

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Max Marmotta