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Trama

Nell’Afghanistan governato dal regime talebano, la piccola Maria procede impaurita al seguito della coraggiosa madre.

Il padre è scomparso, e per le due donne è molto difficile sopravvivere, dato che è loro vietato di lavorare e persino di uscire di casa senza un accompagnatore.

Su consiglio dell’anziana nonna, a Maria vengono tagliati i capelli e imposti abiti maschili; l’indomani è già al lavoro presso la bottega del latte di un generoso commilitone del genitore.

Una mattina gli oppressori prelevano la ragazzina ed il vivace Espandi, giovanissimo mendicante e venditore di incenso, insieme ad una miriade di coetanei, per educarli alla preghiera integralista e alla guerra.

Maria, che Espandi ribattezza Osama, non è capace di fingersi virile o di camuffare la voce, e rischia di essere scoperta… .

Recensione

Questo film (il cui plot ha qualcosa in comune con il recente Baran) si aggiunge alle poche decine di pellicole prodotte fino ad oggi in Afghanistan, Paese precedentemente martoriato dalle invasioni inglese e russa che già provocarono migrazioni di massa, ed è il primo ad essere girato a Kabul dopo la caduta del regime dei talebani, ispirandosi ad una vicenda realmente accaduta.

Vincitore del Golden Globe per il miglior lungometraggio straniero, l’esordiente Siddiq Barmak, che ha raccolto pure una menzione speciale per la Caméra d’Or a Cannes e ha curato anche il montaggio, ci mostra sin da subito l’urlo di ribellione delle donne del luogo, in pacifico corteo sin dalle prime scene, soffocato da violenti getti d’acqua e dalla più assoluta indifferenza mista all’intolleranza.

Un’opera scarna, che punta all’essenziale (ci sono solo un paio di ralenti di troppo) e dà una grande lezione di contenuti a tanti vacui prodotti che affollano gli schermi.

Gli aguzzini, all’inizio, non vengono quasi neppure mostrati; le loro azioni dalle striature barbariche e il loro rigido modus cogitandi sono inscenati una volta che la terrorizzata protagonista (Marina Golbahari, salvata dall’accattonaggio dall’autore) entra con la forza nella scuola.

La sua fuga impossibile, simbolo della condizione femminile nel Medio Oriente, è poeticamente rappresentata dal liberatorio salto con la corda.

Max Marmotta