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Recensione

Che lo stimato Matteo Garrone si cimentasse con la più famosa storia per l’infanzia – sicuri? – italiana non era una notizia tranquillizzante. Chiaramente il cineasta avrebbe messo a frutto l’esperienza acquisita con Il racconto dei racconti (e così è andata), ma gli affaticati adattamenti della favola realizzati in questo millennio da Roberto Benigni (2002) e dall’animatore Enzo D’Alò (2013) dimostrano che il testo è difficile da maneggiare e soprattutto da modernizzare. Dunque, per cominciare (e a mo’ di “svantaggiosa” dichiarazione d’intenti), alle ambientazioni fastose l’autore predilige coerenti scenografie ottocentesche (se ne occupa Dimitri Capuani: particolarmente apprezzabile il minimale Paese dei Balocchi), coadiuvate dai perfetti costumi di Massimo Cantini Parrini e da un elaborato lavoro di make-up che ha coinvolto parecchie maestranze (non scordiamo che molti personaggi sono mezzi animali) e rastrellerà di sicuro vari premi. 

Il plot discende direttamente dal libro di Collodi incentrato sull’indisciplinata marionetta (dobbiamo allo scrittore toscano la radicata confusione con i burattini?) scolpita da un tronco semovente che il falegname povero in canna Geppetto (un recidivo, misurato Benigni – a cui Garrone aveva già pensato per Dogman! – subentrato a Servillo) riceve dallo spaventato collega Ciliegia (Paolo Graziosi, fra i tantissimi caratteristi presenti nel cast, comprendente Gigio Morra, Enzo Vetrano, Nino Scardina, Sergio Forconi, Barbara Enrichi, Ciro Petrone, Massimiliano Gallo – il quale, grazie al pesante trucco, ricopre più ruoli insieme al fratello Gianfranco e a un Davide Marotta non-solo-Grillo-Parlante – e, pressoché irriconoscibili, Maria Pia Timo, Teco Celio, Maurizio Lombardi). Insofferente alle regole dell’affettuoso babbo, il bambino di legno (il convincente Federico Ielapi, visto in Brave ragazze) s’avventura in giro, rapito dal teatrino dell’orco Mangiafuoco (Gigi Proietti), ingannato dai furfanti Gatto & Volpe (gli aderenti Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini, pure co-sceneggiatore, già diretto dal regista nel suo fantasy e anche lui considerato come protagonista del suo precedente lungometraggio) e traviato da Lucignolo (Alessio Di Domenicantonio), comunque protetto dall’enigmatica Fata Turchina (Alida Baldari Calabria in versione infantile, Marine Vacth da adulta). 

Il rispetto del materiale originale prevede episodi perfino crudi, rappresentati senza sconti (vedi l’impiccagione o la trasformazione dei bimbi in ciuchi). Nonostante la trama sia nota, la pellicola, nella combinazione armoniosa dei suoi elementi, emoziona. Disturba solo qualche dialogo improvvisato.

Max Marmotta