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Recensione

Navy SEALs – Pagati per morire e Navy SEALs – I giovani eroi sono due action movies datati rispettivamente 1990 e 1992 che, già dai titoli (sebbene il secondo fosse d’invenzione della distribuzione italiana), la dicono lunga sull’ammirazione e la devozione di cui godono questi corpi speciali della marina statunitense.

E non passano di moda, visto che sono pure al centro di questa semi-ridanciana avventura targata – visibilmente – Besson (che produce e co-sceneggia con il collega Richard Wenk) e diretta dal Quale responsabile del quinto, non deprecabile Final Destination e del più dozzinale Into the Storm.

Tutto ruota attorno a tesoro in lingotti, che i nazisti trafugarono ai francesi e misero al sicuro sul fondo di un lago bosniaco; poiché l’azione si svolge negli anni del tremendo conflitto nell’ex-Jugoslavia (guarda caso gli stessi in cui si realizzavano le pellicole succitate: continuità stilistica?), il leggendario oro subacqueo attira l’attenzione di un gruppo di combattenti indisciplinati, per non dire scavezzacollo (è la bella e non disinteressata barista Sylvia Hoeks a parlargliene), che si attrezzano per estrarlo in gran segreto.

Interpretato pure dai più noti J.K. Simmons (solito superiore rampognante) e Ewen Bremner (corruttibile elicotterista), il film, anacronistico, fin troppo spensierato (data l’ambientazione) e spaccone, scorre e non è più infame di altri prodotti del genere; ma permane inessenziale.

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Max Marmotta