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Recensione

Dopo aver rinunciato a dirigere lo scanzonato La profezia dell’armadillo (che comunque ha co-sceneggiato), Mastandrea opta per un debutto dietro la macchina da presa più pensoso, non privo d’ironia né di tocchi arditamente “d’autore” (quelli senz’altro più rischiosi).

Scelte salutari, perché il film, certo non esente da imperfezioni (sembra trapelarne persino un’umile consapevolezza), focalizza sull’inespresso dolore privato di Carolina (una Chiara Martegiani – quanto tempo è passato da Meno male che ci sei? – collocabile per aspetto e stile tra Camilla Filippi e Micaela Ramazzotti e alla quale il neo-regista, e partner, pare trasmettere le sue movenze), giovane vedova – da una settimana – di un operaio morto sul lavoro, del figlio decenne Bruno (Arturo Marchetti), di Cesare e Nicola (Renato Carpentieri e Stefano Dionisi), padre e fratello (disonesto) della vittima, tutti per l’appunto ancora incapaci, alla vigilia del funerale, di elaborare il lutto (chi riceve visite, chi immagina servizi televisivi, chi parla con ex-colleghi e compagni di lotta, chi rispunta dal nulla), per allargare lo sguardo da Nettuno, che fa da sfondo, all’Italia intera, disorientata, esitante, incapace di reagire.

Niente che non abbiano già tentato Luchetti o Soldini, per dire, ma con un apprezzabile tentativo di personalizzazione che mira più a fornire il proprio sincero contributo che a volersi distinguere a ogni costo.

Non è roba da poco. .

Max Marmotta