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Recensione

Giunti alla loro quinta e, possiamo già dirlo, proficua collaborazione (dopo Il gladiatore, Un’ottima annata, American Gangster e Nessuna verità), il regista britannico Ridley Scott e l’attore neozelandese Russell Crowe adesso si ripropongono di aggiornare addirittura il mito di Robin Hood.

Grazie alla sceneggiatura di un professionista indiscusso come Brian Helgeland, si sceglie stavolta di raccontare le origini dell’eroe, da principio (1199) combattente per re Riccardo Cuor di Leone (irriconoscibile Danny Huston) nella guerra contro i francesi, quindi marito “sostitutivo” di Lady Marian (l’augusta Cate Blanchett), vedova in pectore che difende con grinta se stessa e le sue terre, infine idolo del popolo, destinato alla persecuzione.

Meno atletico di Flynn ma più giovane di Connery, accigliato quanto il rigido (ma realistico nel contesto) Bergin e glamorous al pari di Costner, l’infallibile arciere (dal cognome cangiante, se si seguono le sue vicende) interpretato dal comunque maturo Crowe in questa sorta di prequel si distingue dunque per lo sfondo storico-bellico e per l’accento volitivo posto sulla sua compagna, qui dai natali più umili.

Assolutamente in disparte restano, per il momento, i leggendari “compagni della foresta” capeggiati da Little John e Will Scarlet (Kevin Durand e Scott Grimes), fra’ Tuck (Mark Addy) e il prepotente sceriffo di Nottingham (Matthew Macfadyen) – nonché, volendo, l’inetto successore re Giovanni (Oscar Isaac) – a vantaggio del viscido Godfrey (Mark Strong, già pericoloso in Sherlock Holmes), del leale William Marshal (William Hurt) e del vecchio Walter Loxley (l’immenso Max von Sydow), che “adotta” sulla fiducia il protagonista, fra l’altro segnato dalla morte del padre.

E pure a Eleonora d’Aquitania (Eileen Atkins), in fondo, è attribuito un ruolo importante.

Max Marmotta