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Recensione

Dopo ventotto anni, George Lucas chiude la madre di tutte le saghe. Intenzionato a saldare definitivamente i debiti con il passato, l’autore si sta dedicando alla sceneggiatura del quarto e ultimo Indiana Jones (altra sua invenzione), a una versione tridimensionale delle due trilogie e a una serie televisiva in trenta puntate, dedicata ai personaggi minori di Star Wars, prima di votarsi al suo sogno d’inizio carriera: il cinema intimista.

Fu l’amico Coppola, che l’aveva aiutato a realizzare L’uomo che fuggì dal futuro, a convincerlo a buttarsi innanzitutto sulle opere commerciali.

E meno male che l’ha fatto. Questo Episodio III ci permette difatti di apprezzare, anche nei suoi alti e bassi, l’intero progetto: ogni mistero viene svelato e il finale si ricollega immediatamente all’Episodio IV.

A tre anni dall’inizio della guerra dei cloni, il conte Dooku (Lee) e il generale Grievous (Wood), fedeli al signore dei Sith, rapiscono il cancelliere della repubblica Palpatine (McDiarmid), il quale viene liberato dai cavalieri Jedi Anakin (Christensen) e Obi-Wan (McGregor).

Ma diversi incubi premonitori sconvolgono il giovane Skywalker: Padmé (Portman), sua sposa segreta in dolce attesa, potrebbe morire in seguito al parto.

Il cancelliere si offre di aiutarlo, mentre i maestri Yoda (Oz) e Mace Windu (Jackson) gli chiedono di spiare il politico, il quale sta concentrando nelle sue mani troppo potere.

Indeciso tra le promesse di Palpatine e l’atteggiamento del consiglio dei Jedi, che non vuole accettarlo nonostante i suoi meriti, Anakin deve comunque compiere una scelta dolorosa.

E sono pochissimi i momenti che non fanno riferimento a questo tema portante, per altro sottolineato da parecchie inquadrature in penombra, che simboleggiano il lato oscuro incombente.

Delle sei pellicole, l’Episodio III è infatti la più pessimista e forse anche la più militante: in fondo Lucas ci racconta come una repubblica possa ritrattare i propri principi fondamentali (“È così che muore la libertà: sotto applausi scroscianti” dice Padmé).

Il tutto senza dimenticarsi di fare spettacolo per famiglie (tramite un massiccio e razionale impiego di effetti visivi), con l’assistenza, nella regia della seconda unità, del compare Spielberg, che avrebbe dovuto dirigere Il ritorno dello Jedi.

Sax Marmotta