
Tandem
- Patrice Leconte
- Gérard Jugnot, Jean Rochefort, Julie Jézéquel, Sylvie Granotier
- Commedia
- Francia
- 17 June 1987
Trama
Da più di venticinque anni va in onda lo show radiofonico “La lingua del gatto”, ideato e presentato da Michel Mortez, itinerante per le piazze francesi.
Il celebre presentatore, malato di diabete e amante dei casinò, è in declino, eppure continua a girare la nazione con il fedele fonico e autista (di una Ford scassata) Rivetot, suo grande ammiratore (anche un po’ visionario), costretto a sopportare stoicamente i capricci da star dell’uomo e a dividere con lui stanze d’albergo di seconda categoria.
Un giorno all’umile Rivetot giunge voce che la trasmissione a quiz verrà soppressa dal network; secondo lui è imperativo che il vanaglorioso Mortez non lo sappia, e fa di tutto per nasconderglielo.
Recensione
La Bim, dovendo confezionare un cofanetto di dvd dedicato a Patrice Leconte, ha ripescato questo inedito di ben 16 anni fa e ha deciso di distribuirlo pure nelle sale (a quando Les grands ducs e Félix et Lola?).
Ottima idea, perché si tratta di una commedia amarissima e surreale (vena assai sfruttata in seguito dall’autore) sui rapporti interpersonali, assolutamente valorizzata dai pochi mezzi con cui è stata realizzata e baciata da due stupende interpretazioni: quella dell’istrione dal baffo nobiliare Jean Rochefort (non ancora “marito della parrucchiera”, giusto per rimanere nella filmografia del cineasta in questione), che allora mise fine ad una lunga lite con il regista per diventare, in seguito, il suo attore-feticcio, e quella più dimessa ma ugualmente notevole di Gérard Jugnot (chi non ha avuto occasione di scoprirlo può farlo ora), il quale nove primavere dopo avrebbe fatto da autista anche a Philippe Noiret in un’altra pellicola mai uscita in Italia, Fantôme avec chauffeur.
I protagonisti celano il bisogno reciproco che hanno l’uno dell’altro, e in fondo amano quel lavoro precario e quasi solitario in cui si sostengono a vicenda (capito il titolo?), fatto di microfoni (la scelta della radio, mezzo trascurato, non è casuale) e autostrade crepuscolari; ma finanche accettare, nel concreto, di staccare la spina diventa un passaggio esistenziale importante.
A voler essere pignoli, la prima parte del film ci mette un po’ a carburare, o magari in realtà ci si deve soltanto abituare al particolare registro.
Riccardo Cocciante canta (in maniera leggermente ossessiva) la bella “Il mio rifugio”, scritta apposta per il lungometraggio.