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Trama

La fatica e la determinazione dei ballerini attraverso la dura e selettiva preparazione di uno spettacolo, intitolato “The Blue Snake”, del prestigioso Joffrey Ballet di Chicago, da realizzare con l’aiuto del coreografo canadese Robert.

Diretta da Alberto Antonelli, che tutti chiamano Mr. A., esigente e paterno nei confronti dei suoi studenti ma anche continuamente impegnato nella ricerca di fondi per gli allestimenti, la compagnia annovera, fra gli altri, Deborah, danzatrice “anziana” alle prese con problemi personali,Maia e Alec, affiatati futuri protagonisti della prossima rappresentazione, e Ry, decisa a superare il tradimento del compagno.

Assai diversa da sua madre e costretta a lavorare di sera in una discoteca per mantenersi, la ragazza trova conforto tra le braccia del cuoco Josh.

Quando Maia s’infortuna, tocca proprio a Ry il gravoso compito di sostituirla. Intanto Justin, un altro giovane partecipante, viene rifiutato… .

Recensione

Tratto da un soggetto della stessa Neve Campbell (steso con la sceneggiatrice Barbara Turner), ex-ballerina, interpretato, anzi piroettato dai veri componenti del Joffrey Ballet (ma pure dai Momix), il film di Altman, che lo ha anche prodotto insieme alla sua protagonista, spiega –o almeno tenta di farlo– la sofferenza e il fascino nascosti nel mondo della danza.

Si prova, si corre, ci si sloga, ci si indispettisce, si invidia, si pena, si dorme alla meglio… Un atto di ammirazione per tanto sudore espresso in questo quasi-documentario che attinge parecchio dalla realtà, dove la macchina da presa è piazzata con eleganza e il montaggio, a cura di Geraldine Peroni, infonde eloquenza alle immagini (indicativa l’esibizione durante il temporale).

Purtroppo, sono le sole tracce della grandeur dell’autore (completamente a digiuno, fino a prima delle riprese, di nozioni sull’ambiente preso in esame), che senz’altro, per la sua orgogliosa indipendenza, si riconosce nell’iperattiva ricerca di finanziamenti di Mr. A. (un bravo McDowell, doppiato, come ai tempi di Arancia meccanica, da Adalberto Maria Merli): c’è scarsa partecipazione, una particolare assenza di pathos nella descrizione delle scarne vicende, peraltro “competitive”, che scorrono sullo schermo.

Si dirà che l’intento era il cinema-verità, però, onestamente, dall’insieme c’era da attendersi qualcosa di più interessante.

Max Marmotta