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Recensione

Il fatto che a scrivere la sceneggiatura dell’ultima fatica di Ridley Scott (forse il più discontinuo fra i cineasti di vaglia) sia stato lo scrittore Cormac McCarthy, senza peraltro passare da un suo romanzo, non deve farcela amare incondizionatamente.

Anzi, lo stile acido dell’autore di Non è un Paese per vecchi è fin troppo riconoscibile, e la burbanza di alcuni dialoghi e la connotazione di qualche carattere rischiano di irritare.

Tuttavia, il sapiente intento è alquanto chiaro: la vicenda centrale non è che un pretesto per esplorare i gangli di un sistema criminale che procura sfacciata ricchezza alle posizioni verticistiche ed è complice della povertà estrema (spesso messicana), nonché generatore di dissennata violenza (che da teorica si fa pratica nella seconda metà).

Niente speranze, solo la possibilità di intuire le proporzioni del meccanismo e i suoi costi in termini umani.

Quindi, al netto delle sbrodolature, a inchiodare il film ai suoi difetti si pecca di sbrigatività. Quanto al plot, riguarda l’avvocato del titolo (ancora un interessante tassello nella carriera di Fassbender), deciso ad elevare il tenore di vita suo e della sua futura sposa (una relativamente ingenua Cruz) e perciò disposto a prendersi la responsabilità di un carico di droga da 20 milioni di dollari, affare concluso grazie a un losco conoscente (Bardem) accompagnato da una avida e ferina amante con le sinuose forme della Diaz.

È un altro enigmatico tramite dalla valigia pronta (Pitt) a metterlo in guardia dai rischi. Che puntuali si presentano… .

Max Marmotta