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Recensione

Con il suo esordio alla regia Gone Baby Gone (2007) Ben Affleck, già premio Oscar 1997 per la sceneggiatura di Will Hunting – Genio ribelle, scritta insieme all’inseparabile amico-socio Matt Damon (anch’egli in lizza in questi giorni per passare dietro la macchina da presa), si segnalava come autore da tenere d’occhio: tensione drammatica controllata, approfondimento dei caratteri, solida direzione degli attori, questioni morali su cui riflettere.

Adesso il nostro, cedendo all’inevitabile tentazione di recitare e attingendo da un romanzo di Chuck Hogan, pur non raggiungendo le vette della sua opera prima conferma le sue doti di narratore e la sua predilezione per un cinema classico non esente da un riconoscibile tocco personale.

Al centro della vicenda c’è Doug MacRay, che ha rinunciato all’amato hockey per dedicarsi con la sua banda (formata da Gloansy, Desmond e dall’affezionato ma pericoloso compare Jam) a delle più remunerative rapine in banca o a furgoni portavalori; del resto, nel suo quartiere, Charlestown, a Boston, sembra che sia un’attività diffusa.

Lo sa bene l’efficiente agente FBI che è sulle sue tracce, Frawley (Jon Hamm, ormai lanciato), non lo sa affatto Claire Keesey (gradevole e intensa Rebecca Hall), giovane direttrice di una filiale assaltata dalla gang e da essa presa in ostaggio per qualche minuto, da poco ignara fidanzata proprio di Doug, il quale indossava una maschera durante il sequestro e che successivamente aveva cominciato a pedinarla, non pianificando un incontro e un coinvolgimento sentimentale.

Per il delinquente, innamorato, è abbastanza per volersi redimere; però – insegna il noir tradizionale – non sarà facile.

Le zone d’ombra sull’etica dei personaggi si fanno più marcate e i princìpi di non violenza vengono infranti rapidamente, ma la buona qualità non si discute.

Max Marmotta