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Recensione

Cineasta di origine indiana, M. Night Shyamalan ha conquistato pubblico e critica nel 1999 con The Sixth Sense, rivelando al contempo nuove fonti d’ispirazione per il redivivo genere horror e un gusto personalissimo per i soggetti articolati, arricchiti da divertenti finali a sorpresa.

E sulla medesima ricetta ha sostanzialmente basato gli altri titoli della sua filmografia, con esiti non sempre felici: Unbreakable, dove la trama scava con qualche iperbole nella morfologia del fumetto, e Signs, dove fantascienza e mistica si fondono, grazie a diverse forzature.

Ma, con The Village, l’autore dimostra di non avere perso la sua mano, nonché di avere raggiunto una certa maturità.

In un piccolo villaggio della Pennsylvania di fine ‘800, una comunità, guidata da un consiglio di saggi dove spiccano Edward (William Hurt) e August (Brendan Gleeson), conduce la sua esistenza tenendosi alla larga dalla limitrofa foresta, popolata da mostri detti “creature innominabili”.

Ma alcuni giovani cercano di opporsi ai divieti degli anziani: così mentre Lucius (Joaquin Phoenix) tenta di estorcere alla madre Alice (Sigourney Weaver) il permesso di raggiungere la città, è quasi certo che il ritardato Noah (Adrien Brody) abbia varcato più volte il confine.

Ma sarà la non vedente Ivy (Bryce Dallas Howard, figlia di Ron) ad avventurarsi nel bosco per prima. Un film che effettivamente necessita di un’ora per decollare. Cioè il tempo necessario a Shyamalan (il quale partecipa, come sempre, in un piccolo ruolo) per costruire i caratteri e un’atmosfera familiare in stato di grazia, pronta ad essere intaccata con qualche gioco narrativo, in attesa dell’immancabile epilogo spiazzante.

Niente di nuovo, si potrebbe obiettare. Ma in The Village c’è anche un elemento inedito: una dura critica alla società occidentale post 11 settembre.

Sulla scena viene infatti rappresentato un mondo perfetto, che può considerarsi tale solo quando conserva il suo benevolo ordine gerarchico il quale, a sua volta, può sopravvivere contando sull’isolamento e propinando l’ignoranza come verità.

Un’agghiacciante metafora della realtà odierna.

Sax Marmotta