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Recensione

Arduo sintetizzare le ragioni per rallegrarsi del ritorno in salute artistica di un maestro discontinuo come Peter Bogdanovich, uno che – personalità debordante a parte – ha dato un apporto fondamentale alla risalita controcorrente del cinema americano a partire dagli anni ’70, con gemme come L’ultimo spettacolo (e il suo meno incisivo seguito), Ma papà ti manda sola?, Paper Moon, Saint Jack e Dietro la maschera, ma che è stato pure in grado di sparire dal grande schermo per lunghi, infruttuosi periodi.

La costante attenzione per gli interpreti e il suo smisurato amore per gli elementi fondativi del cinema (con Lubitsch eletto al rango di nume tutelare) riemergono e irrorano questa impertinente commedia a incastro, in cui un regista teatrale (Wilson) si ritrova a scritturare a furor di popolo proprio la giovane escort (Poots) con la quale si era intrattenuto la notte precedente, per giunta – in un interscambio tra realtà e finzione più arguto e meno scontato di quanto appaia – nel ruolo di una prostituta.

La moglie attrice e l’egocentrico protagonista della pièce, insieme all’analista della neo-assunta (una strepitosa Aniston) e al suo compagno, a un giudice, a un detective e a molti altri, contribuiscono a infittire la trama, in una girandola di paradossali coincidenze, fortemente allusive – le frecciate sono indirizzate all’ipocrisia dei costumi e alla società dello spettacolo – prima che spassose o imprevedibili.

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Max Marmotta