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Recensione

Anche se non si apprezzano appieno gli intrighi sentimentali dei film di Özpetek, se non si ha voglia di lasciarsi coinvolgere dai suoi ricatti amorosi, dalle sue rielaborazioni melodrammatiche, dai suoi corali omaggi all’amicizia, dai suoi sguardi partecipi sulla gente e sulla vita quotidiana, di una cosa si può star certi apprestandosi alla visione di ogni sua nuova fatica: l’altissimo e sempre crescente livello della forma cinematografica.

Trasparenze, suddivisioni architettoniche naturali, semplicissimi accorgimenti che, qualora (difficile) non ci si lasciasse trasportare dalle emozioni, risulterebbero già di per sé motivo più che valido per la visione.

Qui poi il consueto – per quanto magari calcolato – pudore nell’approccio silenzioso alla storia (già la prima sequenza, da ricordare alla fine, ci comunica l’idea che il regista turco-italiano spii, e noi con lui, i suoi personaggi) è amplificato da una vicenda che somiglia a tante tristi cronache recenti (una strage familiare dietro l’angolo, nata da una insanabile crisi coniugale dovuta soprattutto alla gelosia del protagonista, un agente di scorta) ma sui dolorosi risvolti della quale la cinepresa preferisce non accanirsi, privilegiando l’analisi delle cause definitive, dipanate nell’arco di una giornata.

E perfino le situazioni parallele, su tutte la deriva giudiziario-lavorativa-affettiva di un politico a sua volta in linea con la nostra ingrata epoca, assumono toni opportunamente grigi, sebbene faccia capolino un barlume di speranza.

Non si dimentichi, comunque, che i meriti principali del plot vanno attribuiti alla scrittrice Melania Mazzucco, autrice dell’omonimo best seller.

In un cameo non poteva mancare la fida Serra Yilmaz, ma ci sono pure altre simpatiche comprimarie scelte in passato dal regista (Milena Vukotic, Lucianna De Falco, Patrizia Loreti).

Max Marmotta