Video & Photo

1 videos

Recensione

Più che uno sport, il wrestling è uno spettacolo (violento) attentamente concertato (perfino nelle ragionate improvvisazioni), una bizzarria che conta tantissimi fans, soprattutto da quando diventò, negli anni ’80, un fenomeno televisivo di costume. Se si esclude lo splendido e noto The Wrestler, il cinema se ne occupa raramente. Ed è il principale motivo d’interesse della commediola in questione, diretta dal britannico Stephen Merchant, attivo soprattutto in tv e al secondo lungometraggio per il cinema (dopo L’ordine naturale dei sogni), per di più attore piuttosto eclettico dall’aspetto allampanato (di recente lo si è visto in Logan – The Wolverine, Tavolo 19 e Millennium – Quello che non uccide). È riconoscibile pure qui, nella parte dell’attonito padre della  ragazza di Zak, ovvero Jack Lowden. 

Quest’ultimo è cresciuto a Norwich, Inghilterra, nel culto della lotta senza regola attorno a cui gravita il film. Per i genitori (gli intonati Nick Frost e Lena Headey), due sbandati redenti, la passione per il ring ha significato accantonare gli errori di gioventù. Quasi per caso, si mette a combattere anche la secondogenita, Saraya (la deliziosa e brava Florence Pugh di Lady Macbeth, “depotenziata” per esigenze di copione, attualmente sugli schermi in un ruolo di segno opposto nell’agghiacciante – in senso buono – Midsommar – Il villaggio dei dannati), la quale, tra un nome d’arte e l’altro (quello definitivo è Paige), attira l’attenzione addirittura della WWE (World  Wrestling Entertainment, dove la  parola “intrattenimento” parla da sé), che le offre oltreoceano una preziosa opportunità “formativa”. Ad allenarla l’inflessibile Hutch (Vince Vaughn, forse memore dell’Hartman di Full Metal Jacket), a consigliarla nientemeno che Dwayne Johnson (as himself), che per l’occasione torna a farsi chiamare The Rock. 

Il soggetto è tratto da una storia vera (inevitabili e attesi i filmati di repertorio sui titoli di coda che ce ne mostrano i reali protagonisti) a suo modo edificante (la famiglia al centro della vicenda organizza incontri e coinvolge e prepara adolescenti altrimenti tentati dalla piccola criminalità; fra gli atleti c’è un non vedente). L’involucro è decisamente curioso, e spiritoso quanto basta a mantenere desta l’attenzione. Ciononostante ne viene fuori una parabola prevedibile, con risvolti risaputi. D’altronde, il sempre più teso rapporto tra fratello e sorella, prima complici e pian piano allontanati dall’invidia (Zak è respinto dalla WWE e non riesce a farsene una ragione, benché la sua – importante – funzione sociale sia diversa), è descritto con le giuste sfumature. 

Max Marmotta