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Recensione

C’è tanto della filmografia di Archibugi (soprattutto prima maniera) in questo suo nuovo, ramificato – perfino troppo – lavoro.

C’è la straniera che scrolla equilibri familiari già precari (Mignon è partita), il parziale sguardo ad altezza di bimba (Verso sera), il sottovalutato bisogno di essere/sentirsi protetti (Il grande cocomero), soprattutto di fronte al dolore.

L’ultimo concetto, alla fine, prevale nei numerosi personaggi, anche quelli minori.

Una sbadata istruttrice d’aerobica (Ramazzotti) ha una figlia (Elisa Miccoli) – affetta da asma severa (di probabile origine psicosomatica) curata da un comprensivo e intristito medico (Ghini) al quale la donna s’affeziona – con lo squattrinato cronista freelance Luca (Giannini), poche qualità, in precedenza sposato con l’erede (Valentina Cervi) d’un misterioso, potente avvocato (Enrico Montesano: lo aspettavamo).

Dall’unione nacque un altro rampollo, oggi adolescente strafottente (Calligari), invitato dal padre (comunque fedifrago seriale) a socializzare con la ragazza alla pari irlandese (O’Donovan) che si occupa della piccolina di casa.

D’accordo, l’idea centrale non è rivoluzionaria, ma la regista (che in sede di sceneggiatura si avvale del tandem vincente Virzì-Piccolo) tiene sott’occhio storie e corollari, non rinunciando a sguardi su politica e gioventù contemporanee, sul giornalismo malato (per davvero), sulla solitudine (Fonte, vicino che osserva, siamo noi).

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Max Marmotta