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Trama

Alex Gromberg, avvocato ebreo di successo, si sente probabilmente soffocato dalla propria famiglia. Suo padre Mitchell, tradizionalista (preferisce viaggiare in treno) eppure aperto, socio fondatore dello studio legale in cui lavora, è sempre stato un po’ arido con lui ed è reduce da un ictus, ma continua a vivere una vita più che dignitosa al fianco della sua Evelyn, a sua volta in dialisi, andando persino a trovare suo fratello Stephen, privo delle gambe e della ragione a causa della guerra.

Lo scapestrato Asher, figlio di Alex e di sua moglie Rebecca, psicologa, va al college, però ai libri preferisce decisamente lo svago e l’erba, benché cominci a sentirsi attratto da una sua più sapiente collega.

Pure il secondogenito Eli, undicenne osservatore e problematico, non sembra trascorrere un periodo felice, e si interessa a una compagna di scuola punk ed emarginata.

I delicati equilibri tra i Gromberg vacillano ulteriormente con la quasi-scappatella di Alex, provocato da Suzie, con la quale fa volontariato alla mensa dei poveri.

Recensione

“Mieloso” è la parola che viene in mente subito dopo la visione di questo lungometraggio fortemente voluto e caparbiamente inseguito dai Douglas (in particolare dal produttore Michael), ansiosi di riunirsi sullo schermo in una storia dal sapore palesemente autobiografico specialmente dopo il vero ictus che colpì Kirk qualche anno fa: la miriade di problemi sollevata dallo script si risolve piuttosto facilmente, lasciando pure qualcosa in sospeso (però è un accorgimento che dona credibilità), mentre ogni consiglio elargito dall’anziano Mitchell trova puntuale rispondenza nelle sequenze successive.

Tuttavia, non si tratta di un film sbagliato. Il regista Schepisi, com’è sua abitudine (a seconda della nazione in cui gira), si mimetizza, ma non si annulla, coordinando saggiamente il bel cast (oltre a Diana Douglas, prima moglie di Kirk, si distinguono l’esordiente nipotino Cameron e soprattutto la Rebecca di Bernadette Peters e l’Eli del misurato Rory Culkin): a riprova dell’efficacia del suo lavoro, si notino le scene in cui i familiari sono riuniti a tavola, con la realistica sovrapposizione delle loro voci.

Per contro, si poteva ridurre il numero delle foto mostrate, onestamente esagerato. Ad ogni modo, varrebbe la pena di pagare il biglietto anche soltanto per il ritorno dell’irriducibile vecchio leone Douglas, ancora capace di ruggire (e con quale voglia di recitare!) malgrado la malattia.

Perfino Michael è evidentemente intimorito! .

Max Marmotta