Video & Photo

1 videos

Recensione

Paul Thomas Anderson adatta un romanzo di Thomas Pynchon (è il primo a tentare di trasporre questo schivo autore) e ci propone la lisergica storia di un trasandato “occhio privato” losangelino (Joaquin Phoenix, per una volta sintonizzato sul registro della commedia) al quale, nel 1970, viene chiesto di fermare l’organizzazione di una truffa.

A raccontargli la situazione è la sua sinuosa ex (Katherine Waterston, figlia dell’attore Sam), preoccupata per le sorti del suo danaroso amante (Eric Roberts, dimenticato fratello di Julia) a cui la moglie intende fare lo sgambetto (per rinchiuderlo in manicomio).

La svogliata indagine è inframmezzata e “disturbata” da una serie di eventi e incontri indesiderati: l’omicidio di un tipaccio, la scomparsa di un sassofonista implicato in una società segreta, una banda di dentisti evasori fiscali e viziosi, ragazze provocanti quanto pericolose.

È un circo avvolto dalle nebbie dell’onnipresente marijuana (i cui effetti sono trasmessi allo spettatore dalla prodigiosa fotografia di Robert Elswit); personaggi, accadimenti e nessi si accumulano al limite della confusione, e lo spettatore deve sentirsi offuscato come il protagonista (perseguitato inoltre da un prevenuto poliziotto che ha il volto di Josh Brolin), senza però perdere di vista il fitto intreccio (è consigliabile memorizzare subito i numerosi nomi, cognomi e soprannomi).

Il risultato finale magari non è esaltante (ci sono opere più convincenti nell’ancor breve filmografia del regista), ma gli standard qualitativi rimangono altissimi.

Max Marmotta