Video & Photo

1 videos

Recensione

Dopo Danny the Dog, un ulteriore, incredibile progresso nelle capacità recitative di Jet Li (qui rapato a zero), che però in materia di acrobazie ed evoluzioni in combattimenti all’orientale continua ad avere pochi eguali.

Accompagnato da Ronny Yu (La sposa di Chucky, Freddy vs. Jason), il nostro interpreta un personaggio storico (anzi, leggendario) vissuto nella Cina a cavallo tra XIX e XX secolo.

Huo Yuan-jia si affermò nell’arte del Wu Shu nella sua città, Tianjin, volendo imitare il padre. Con la bravura crebbe la presunzione (benissimo rappresentata da un invadente vagabondo sobillatore), che lo portò a commettere un omicidio delle cui conseguenze ebbe a pentirsi assai amaramente.

Il riscatto, avvenuto dopo molti anni, ne fece un uomo nuovo. La morale, la lealtà, l’orgoglio ferito sono rappresentati senza fronzoli, e va da sé che, soprattutto per gli appassionati del genere, i numerosi corpo a corpo varrebbero da soli la visione.

Ma fortunatamente Yu si dimostra in grado di distribuire oculatamente anche le quote di retorica, forse inevitabili, mettendo in risalto un senso dell’onore non rancido ed esemplificato perfettamente dal rapporto improntato sulla stima reciproca che si instaura verso la fine (il film è strutturato come un lungo flashback) tra Huo e il maestro giapponese (non a caso, se si pensa alle annose questioni tra le due potenze asiatiche) Tanaka (un nobile Shido Nakamura), l’ultimo dei quattro avversari stranieri affrontati dal protagonista in un simbolico match plurimo organizzato praticamente per ragioni di prestigio nazionale.

Insomma, è senz’altro uno spettacolo concepito, per descrizioni e cadenze, per le platee estere. Tuttavia, quando la confezione è dignitosa e la fruizione piacevole ed esente da grosse banalità, di che vogliamo lamentarci? .

Max Marmotta