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Trama

Los Angeles, 1992. Mentre è in corso il processo ai quattro agenti che picchiarono l’automobilista di colore Rodney King, la cui assoluzione darebbe sicuramente luogo a grossi disordini nei quartieri neri, il sergente di polizia Eldon Perry, insieme al compagno di pattuglia, il meno esperto Bobby Keough (già inquisito per un omicidio e inconsapevolmente amante di una collega, Beth), cerca di far luce su una rapina risoltasi in strage.

Individuata la coppia di balordi che ne è autrice, il detective, non nuovo ai depistaggi intenzionali e ormai privo della stima della moglie, riceve l’ordine dal corrotto superiore Jack Van Meter di insabbiare le indagini.

Intanto l’onesto capo Arthur Holland raccoglie elementi per incastrare Perry.

Recensione

Quasi un noir a sfondo storico che si addentra nelle ragioni sociali del razzismo odierno e della corruzione di certi componenti delle forze dell’ordine.

Fra gli incastri della vicenda è riconoscibile la mano del soggettista James Ellroy (l’autore di L.A. Confidential) e il regista Shelton, per la seconda volta in quindici anni alle prese con un film non sportivo (l’altra eccezione è Scandalo Blaze, che lanciò la Davidovich, qui nel ruolo della moglie di Perry), riesce inaspettatamente ad evocare lo stile etico di Sidney Lumet o del poco ricordato Affari sporchi di Mike Figgis (benché la scena della rapina rimandi ai poliziotteschi all’italiana).

La potenziale sovrapposizione tra Perry e Keough (non a caso pettinati allo stesso modo!) si rivela un efficace espediente narrativo, anche se il finale risulta un po’ elementare (e con troppe coincidenze) rispetto al resto.

Kurt Russell (Perry), tenuto conto pure del suo orientamento reazionario, ha scelto una buona sceneggiatura, però continua a rifare se stesso; stupisce di più Rhames (Holland), stranamente integerrimo tutore dell’ordine.

Max Marmotta