Trama

La gavetta dei comici Cico e Bob sembra non finire mai. Da anni frequentano trasmissioni di tv private e teatrini e ancora nessuno li riconosce. Neanche l’esperienza del loro manager traffichino, Antonio Zoccolini, li fa uscire dall’anonimato.

Un giorno il loro appartamento salta in aria mentre una coppia di gaglioffi lo sta svaligiando. Gli attori, dati per morti da tutti i mezzi di informazione (con tanto di pianto in diretta del loro amico più fortunato Enzo Iacchetti), si recano senza sapere nulla dal loro agente, il quale fiuta l’affare: li convince a rimanere relegati in un casolare in mezzo alla campagna e comincia a vendere materiale edito e inedito dello “scalognato” duo, dagli sketch ai filmini privati.

L’irascibile Cico e e il remissivo Bob acconsentono e dividono i profitti, ma non vedono l’ora di tornare alla ribalta.

Recensione

Scritto con il gusto di un paradosso non troppo distante dalla realtà mediatica, tra gli altri, dai due protagonisti e da Iacchetti (piuttosto bravo rispetto al solito), nel ruolo di se stesso come parecchi altri personaggi noti (compresi Manzalini & Turra, ovvero i Gemelli Ruggeri), Il segreto del successo è una commedia dal fondo malinconico (soprattutto per il finale, ambiguo apposta) sulla scalata alla notorietà, in certi casi impossibile per quanto ci si impegni.

I veri Veronica e Malandrino lo sanno bene: attivi sul piccolo schermo almeno dai tempi di “Drive In”, sono probabilmente più conosciuti con i nomi delle loro macchiette di “Quelli che il calcio…”, padre Buozzi e Marcolino, e dedicano il film “a tutti i comici”.

Massimo Martelli (il mediometraggio Per non dimenticare, con molti degli attori del cast, Pole pole, con Fabio Fazio, e Muzungu, già con Covatta e Veronica) sceglie una struttura da finto documentario di alleniana memoria, piazzando qualche buona trovata.

La descrizione non priva di leggerezza di un ambiente, quello dello spettacolo, in cui ci si invidia, ci si soccorre il minimo indispensabile (o insufficiente) e ci si manda spesso “a quel paese” per la forte tensione può dirsi riuscita; vanno un po’ meno bene le venature drammatiche, qualche monotonia di Malandrino e, ai fini della “captatio benevolentiæ” del grande pubblico, il manifesto che evoca toni troppo lugubri.

Osare è giusto, ma non deve diventare controproducente.

Max Marmotta