
El abrazo partido: L’abbraccio perduto
- Daniel Burman
- Adriana Aizemberg, Daniel Hendler, Jorge D'Elía, Sergio Boris
- Drammatico
- Argentina, Francia, Italia, Spagna
- 14 March 2004
Trama
Ariel Makaroff, di Buenos Aires, si reca spesso nell’affollata Galleria, dove la madre Sonia, ultimamente corteggiata dal pacioso coetaneo Marcos, gestisce una merceria.
Fra i colleghi venditori c’è il mite dirimpettaio Osvaldo, sull’orlo del fallimento, una coppia di coreani che non parla quasi completamente spagnolo, i vocianti italiani Saligani e la procace Rita, commessa in un Internet point.
Con lei, sospetta amante del suo anziano principale, Ariel ha una relazione saltuaria. Il giovanotto frequenta pure la nonna, il fratello Joseph, che ha il bernoccolo degli affari, e l’amico Mitelman.
Un tarlo lo rode: perché quand’era neonato, il giorno dopo la sua circoncisione, il padre andò a combattere in Israele per non tornare più, neanche a guerra finita? Forse per questo il ragazzo, che vuole ricongiungersi alle sue origini, ha in mente da tempo di acquisire la cittadinanza polacca.
Ma l’improvviso ritorno del genitore scombussola seriamente i suoi piani, nonché il suo stato d’animo.
Recensione
Daniel Burman, nonostante la giovane età, ha già diretto quattro lungometraggi e prodotto pellicole importanti come Garage Olimpo e I diari della motocicletta.
Questa sua ultima opera, di stampo vagamente autobiografico (il nonno è ebreo), si è meritata il Premio della Giuria al festival di Berlino ed è valsa, all’interno della medesima manifestazione, l’Orso d’Argento al bravo protagonista Daniel Hendler, tormentato quanto basta per non sconfinare nel vero e proprio dramma.
Il fatto è che l’alternanza tra situazioni ilari e melanconiche non è l’unica dicotomia di El abrazo partido (titolo collegato naturalmente alla mancanza del padre e, di conseguenza, di punti di riferimento): infatti il regista per tutta la durata del film (girato facendo molto uso della camera a mano) riesce a fondere in un meraviglioso equilibrio il racconto realistico, che già da sé vale la visione (vedi la descrizione puntuale della vita dei commercianti e la loro spontanea –in Argentina non c’è xenofobia– coabitazione), e quello allegorico, una convivenza per molti autori infelice o comunque incostante.
La corsa accanto al genitore/simbolo ossessivo (che, come si potrà notare, a causa del troppo tempo trascorso è ormai in grado di donare soltanto mezzo abbraccio), è l’autentica essenza della storia, ed è senz’altro il momento più emozionante.
Certo, si incespica in alcune pause che probabilmente dovevano essere evitate, ma il pieno senso della trama arriva nel compensativo finale.
C’è pure un omaggio a I girasoli di Vittorio De Sica.