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Trama

Tibet, 1943. Subito dopo avere ricevuto dal suo maestro l’importante investitura di proteggere una sacra pergamena, che racchiude i segreti del potere e della giovinezza, un agile monaco, che per tale incarico ha rinunciato al suo nome, si impegna a difendere il suo monastero dall’attacco del nazista Strucker, disposto a tutto pur di trafugare il prezioso documento.

Ha la meglio, ma i suoi guai non sono finiti: persino sessant’anni più tardi, a New York, il singolare garante, ancor giovanile grazie all’oggetto che custodisce, deve difendersi dalle persecuzioni del suo invecchiato nemico e della sua perfida nipote Nina, che gestisce un’impresa di copertura (esposizioni di residuati bellici).

Per l’uomo, tra l’altro, è venuto il momento di passare il testimone: identifica il suo erede ideale nel borseggiatore Kar, proiezionista nel cinema dell’anziano Kojima.

Lo scontro tra il ragazzo e la banda del teppista Mr. Funktastic –del quale fa parte pure l’insospettabile Jade– costituisce l’avveramento della prima di tre profezie.

Recensione

Questo “monaco a prova di proiettile” (così recita il titolo originale), nonostante il beneplacito del produttore John Woo (che ha diretto diverse volte il protagonista, cioè l’altrove migliore Chow Yun-Fat) e le musiche del bessoniano Éric Serra, è una delusione.

Già l’inizio, anche inferiore al resto, non è esaltante; a seguire, gli sviluppi della sceneggiatura si rivelano spenti, slegati, incoerenti (la pergamena viene trascritta ma non doveva essere letta, la divisa del decrepito Strucker, scopiazzato dall’Olivier de Il maratoneta, ricompare all’improvviso), senza nerbo benché abitati da scene spettacolari e fin troppo ellittiche, e aleggia un pesante sospetto di “miscast” (il generoso Scott/Kar è proprio poco convincente).

Forse possiamo salvare il make-up, che aggiunge credibili effetti di invecchiamento, e il confronto finale a base di wuxiapian.

Il simpatico caratterista Mako è il signor Kojima, mentre l’avvenente Jaime King (Jade) di solito si firma James (vedi Pearl Harbor).

Il film, come detta una dilagante moda, è privo dei credits iniziali.

Max Marmotta