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Trama

Chi è Roger Swanson? Un abile e affascinante pubblicitario che incanta colleghi e superiori –Joyce è il suo capo nonché la sua amante– con le sue chiacchiere e le sue ben esposte e sottilmente misogine teorie sull’evoluzione della specie umana o un seduttore da strapazzo che, sigaretta alla mano, fa il giro dei bar à la page (anche per mancanza di veri amici) impicciandosi degli affari delle signore in attesa del proprio accompagnatore? Per quanto contraddittorio possa apparire, il professionista e occasionale rubacuori è, per l’appunto, entrambe le cose.

Quando gli si presenta in ufficio il nipote Nick, sedicenne imbranato ma per niente sprovveduto, figlio di sua sorella maggiore Susan, Roger, bisognoso di pavoneggiarsi, dopo qualche esitazione decide di “corromperlo”, di portarlo con sé in una delle sue serate mondane nella Grande Mela e di impartirgli i segreti per fare colpo sull’altro sesso.

Benché la sua facciata rischi di crollare… In un locale i due conoscono le belle Andrea e Sophie.

Recensione

Presentato con successo a Venezia 2002, il primo film di Kidd ha qualche verbosità di troppo (vedi la “lezione” in strada) e a volte appare presuntuoso come il Roger del titolo (il soprannome “Dodger” è un’azzeccatissima parola polisemica che significa “imbroglione”, “che evita i guai”, persino “volantino pubblicitario” e “al riparo da spruzzi”); comunque non è affatto male e ricorda a più riprese Le iene (per i lunghi ragionamenti da caffè, quello iniziale su tutti), ma anche Tadpole o Un colpo di fulmine (il caro vecchio cinema indipendente…) con un sussurro di Fuori orario.

Che il protagonista Campbell Scott, onnipresente e antipatico per ragioni di copione e nuovamente alle prese con la Rossellini dopo Big Night, lo abbia pure prodotto si capisce lontano un miglio, tuttavia è proprio la regia a lasciare il segno: la macchina da presa sembra piazzata casualmente e amplifica il senso di arida quotidianità che attraversiamo già riflesso dai pungenti dialoghi, scritti dallo stesso autore.

Le morali suggerite non sono inedite, però sono proposte correttamente: le distinzioni sessiste si ritorcono contro chi le enuncia, l’appeal, l’erudizione e la stessa intelligenza non bastano ad aggirare la solitudine, i complessi comportamentali affondano le radici in situazioni familiari complicate (e non guaribili da alcol o fumo).

Nel buon cast segnaliamo la maturata Liz Berkley (Andrea) di Showgirls.

Max Marmotta