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Trama

Vincent, mezza età, non trova il coraggio di dire alla moglie Muriel che è stato licenziato. Dorme in auto, bighellona per tutta la giornata e quando ritorna a casa per il week-end racconta delle sue mirabolanti imprese in ufficio.

Arriva persino a inventarsi un nuovo impiego, a Ginevra, come dirigente dell’Onu specializzato in problematiche del Terzo Mondo.

A tale proposito, per sostentarsi, spilla soldi a genitori ed amici, prospettando fantomatici investimenti.

Recensione

Il terrore di perdere una rispettabile posizione borghese, la reputazione e la fiducia altrui sfruttate per il proprio tornaconto, la facilità con cui finisce in mezzo a traffici illeciti (con il losco Jean-Michel) sono solo alcune delle tappe percorse dal protagonista (il teatrale Aurélien Récoing, abilmente sottotono) in quel che sembra un diabolico e quasi involontario artifizio per rimanere a galla e in realtà è solo una caduta libera.

Premiato con il Leone dell’Anno (la nuova sezione istituita da Alberto Barbera) all’ultimo festival di Venezia, il bel film di Laurent Cantet (Risorse umane) è una lucida e spietata condanna delle aberrazioni del sistema.

Troviamo Vincent, scheggia impazzita di un ambiente che non lo vuole più, già disoccupato; il suo rifiuto categorico, probabilmente causato da insoddisfazione e disgusto precedenti, a reagire normalmente (cercando un nuovo posto o quantomeno il conforto dei suoi cari) lo porta ad aggirare ogni forma di potenziale predica, buttandosi nella menzogna.

Un carattere disperato (ispirato ad una persona realmente esistita) al quale sono offerte anche troppe possibilità di redenzione.

Da vedere, benché eccedente di almeno un quarto d’ora.

Max Marmotta