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Trama

Documentario richiesto al regista iraniano Abbas Kiarostami da parte dell’UWESO, associazione femminile ugandese che si ripropone di far risorgere la microeconomia attraverso una dottrina del risparmio da impartire alle donne povere, organizzate all’uopo in nuclei di cinque persone.

Pare che il sistema dia dei buoni risultati, a beneficio soprattutto del milione e mezzo di bambini orfani a causa dell’AIDS e delle guerre.

Le riprese, effettuate a Kampala e dintorni, si riferiscono al marzo 2000.

Recensione

Un documentario sull’Africa realizzato da un regista mediorientale si configurerà per molti come un “mattone” di insopportabile drammaticità.

Invece Kiarostami in soli dieci giorni, munito di appena due videocamere che immancabilmente attirano l’attenzione dei vivaci –nonostante tutto– bimbi locali, punta alla semplicità dello sguardo, rivelatore di realtà belle e brutte che scorrono comunque.

Lo fa senza rinunciare ad un tocco personale (circoscritto alla lunga sequenza buia in un albergo ordinato ma infestato da minacciose zanzare, importante per dare l’idea di cosa significhi non disporre di elettricità), ma additando anche le propagande che recitano pressappoco: “Rimanete vergini; è l’unico modo sicuro per evitare il virus HIV”.

Il cineasta istituisce il contrasto tra città e villaggio, non calca la mano sulle tragedie ma le mantiene presenti, non dimenticando di immortalare i momenti in cui si canta o si gioca.

In mezzo a tanta naturalezza, difficile dimenticare gli occhioni della minuscola infante (che indossa la maglietta che reca il pregnante titolo del film) adottata da una coppia austriaca, esempio nobile e concreto.

Max Marmotta