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Recensione

Separatosi da alcuni anni dal socio Daniele Ciprì (che evidentemente sta provando a esplorare territori differenti), Franco Maresco persevera nella sua indignazione di cittadino e, dopo l’elogiato e purtroppo poco visto (non ha avuto una vera distribuzione) Io sono Tony Scott – Ovvero… come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz, realizza fra sconfinate difficoltà produttive un altro documentario sui generis – stavolta non biografico, a dispetto del titolo – che si rivela opera imprescindibile e coraggiosa e invita al discernimento (non esiste solo ciò che si mostra), parla all’intelligenza.

Un’inchiesta (sulle tracce del regista si mette, con amara ironia, lo storico del cinema Tatti Sanguineti) che, attraverso interviste (all’impresario specializzato in feste di piazza Ciccio Mira, a Marcello Dell’Utri, al pentito Gaspare Mutolo) e pareri raccolti in strada, dimostra quale mondo (di indigenza, di insipienza, di convinzioni mutuate dall’ambiente circostante) si possa nascondere dietro a un nome storpiato (basare il film su un personaggio in via di accantonamento politico non avrebbe avuto senso, concentrarsi sull’humus di una parte significativa del suo successo e sulla sua “coltivazione”, invece, serve a dimostrare un radicamento reso quasi inestirpabile).

Uno stile di vita sottoproletario, una forma mentis, una condizione di beato sfruttamento riformulati attraverso le esibizioni di popolari neomelodici e trasmissioni allusive.

Se l’immagine si decolora in presenza dell’organizzatore, un motivo ci sarà… .

Max Marmotta