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Trama

1994. George Best, capigliatura alla Beatles, vecchia gloria del Manchester United nata a Belfast, ormai sbarca il lunario girando per i talk-show con l’amico impresario Rodney Marsh.

Giuntagli la notizia della morte di Busby, il suo anziano e burbero scopritore, Best –un nome che segnò comunque il suo destino– ripercorre con la memoria la propria carriera, costellata di gol e di successi ottenuti a partire dalla fine degli anni ’60 (fra i quali la Coppa dei Campioni strappata al Benefica) insieme ai compagni di squadra Nobby Stiles, Denis Law e soprattutto Bobby Charlton, i burrascosi ed egoistici rapporti con le donne, in particolare con la bella Anna, l’alcol e gli sperperi che contribuirono al declino della sua stella e alla conseguente disaffezione dei tifosi.

Recensione

Le biografie, per loro natura, hanno una spiccata tendenza alla placidità, alla mancanza di ritmo, se si esclude, in questo caso, l’intrigante colonna sonora.

Ciò non toglie che il film diretto dalla McGuckian (nel breve ruolo di Norma, moglie di Charlton), scritto con il consorte John Lynch (Il giardino segreto, Nel nome del padre, Sliding Doors, Angel Baby, finalmente, e giustamente, protagonista assoluto), sia un importante documento sportivo, celebrativo quanto basta (altrimenti il vero Best non avrebbe accettato di mettere a disposizione alcune immagini del suo matrimonio lungo i titoli di coda).

Un po’ di retorica qui, qualche pausa là; ma i difetti, in generale, sono professionalmente dribblati dai bravi interpreti, dall’onnipresente e versatile Hart (Stiles) al semplice Roache (Law), dalla piacevolmente ritrovata (anche perché ha incrementato le sue capacità recitative) Kensit (Anna) all’ineguagliabile Bannen (Busby, visto di recente in Svegliati Ned), purtroppo realmente scomparso al termine delle riprese.

Max Marmotta