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Recensione

Attore, sceneggiatore, regista e produttore dall’anima indipendente, Favreau si è trovato a dirigere anche dei blockbusters come i primi due Iron Man (la particina di Downey non è casuale).

Con la sua penultima fatica dietro la macchina da presa (Cowboys & Aliens, un flop) ha rischiato seriamente di bruciarsi.

Perciò questo suo piccolo film, che è pure un’insistita dichiarazione d’amore per la cucina ricercata (e grassa), sfoggia volutamente il sapore della rivalsa, l’indole del rimettersi in gioco con convinzione nell’epoca in cui Twitter (troppo pubblicizzato, comunque) può distruggerti in un attimo, ma – se sei accorto e ti lasci un po’ aiutare – può perfino farti rimontare in sella.

Così, assistiamo all’umana vicenda dello chef Carl (interpretato non per nulla dallo stesso autore), raffinato compositore culinario divorziato (dalla Vergara) il cui estro è sacrificato da un padrone (Hoffman) che non azzarda cambi di menù.

Nemmeno il giorno in cui arriva un importante critico (Platt), titolare di un seguitissimo blog. E, più grave, nemmeno quando torna. Dopo una squalificante scenata (che, neanche a dirlo, finisce in rete), il cuoco resta disoccupato, e si reinventa nella maniera più impensabile, cioè grazie allo street food, con la preziosa complicità del più fedele fra i suoi ex-collaboratori (Leguizamo).

Strada facendo, si riavvicina al figlioletto (Emjay Anthony). Scontato? Lo è, soprattutto nella sua netta divisione in due atti; però è girato in scioltezza e scaltrezza, tra buona musica e buon cibo.

Serve altro? .

Max Marmotta