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Recensione

Il fatto che questo per molti versi riuscito thriller provenga da un romanzo di Gillian Flynn non è di per sé una garanzia.

Prima di tutto perché l’autrice de L’amore bugiardo stavolta non ha scritto anche la sceneggiatura (per quanto pure nel pregevole film di Fincher qualche ritocco non sarebbe guastato): infatti si è occupato dell’adattamento lo stesso regista Paquet-Brenner (La chiave di Sara), aggiungendo tuttavia un tocco europeo che nel contesto non risulta esattamente rivitalizzante (lo si nota soprattutto in qualche scompenso di ritmo).

In secondo luogo, gli elementi di base davvero intriganti sono giusto un paio: il personaggio centrale, l’inerte Libby (una sdrucita Theron), scampata da bambina (quando ha il volto di Sterling Jerins) alla furia omicida del fratello satanista (Tye Sheridan da giovane, Corey Stoll da recluso, entrambi notevoli) da lei accusato di avere brutalmente ucciso la madre e le sorelle, sovvenzionata fino all’età adulta da generose donazioni; e il sottilmente morboso club di appassionati del crimine che la avvicina, nella persona di Lyle (Hoult, già con la protagonista in Mad Max – Fury Road), per rimettere in  discussione il caso.

Attraverso i flashback si delineano gli effettivi accadimenti e acquisisce crescente importanza la figura all’inizio defilata della “fidanzatina” Diondra (Andrea Roth, interpretata in versione giovanile dalla sempre più brava Moretz).

Un’opera d’intrattenimento.

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Max Marmotta